Scopriamo insieme qual è la differenza tra RAM e ROM, le due importanti tipologie di memoria alla base di ogni moderno dispositivo elettronico
All’interno di ogni moderno dispositivo elettronico, sia esso uno smartphone, un tablet, un PC, una console da gioco, è possibile trovare varie tipologie di memoria, che sono fondamentali per il corretto funzionamento del dispositivo stesso; con i progressi che ci sono stati lato processi produttivi e miniaturizzazione, è possibile trovare hardware con al proprio interno memorie dalle caratteristiche assimilabili a quelle dei PC anche all’interno di vari elettrodomestici come TV e frigoriferi/forni smart, dato che le funzionalità avanzate devono essere gestite da componenti hardware molto simili a quelle dei normali computer.
Le memorie RAM e ROM esistono da diversi decenni, anche da prima che nascessero i microprocessori ed i circuiti integrati, dato che anche allora erano assolutamente fondamentali per il corretto funzionamento dell’hardware dei grandi computer del passato; ovviamente, le tencologie impiegate per la produzione erano totalmente diverse, così come anche le prestazioni, a causa anche della dimensione considerevole dei componenti, rispetto agli standard attuali.
In questo articolo andremo a descrivere qual è la differenza tra RAM e ROM ed i principali usi, oltre ad esporre alcuni cenni storici sulle origini e sul funzionamento; iniziamo quindi con le memorie RAM (attualmente le più utilizzate in ambito informatico rispetto alle ROM), partendo dalla loro storia e dagli impieghi iniziali.
Memorie RAM (Random Access Memory) – cenni storici
L’acronimo RAM sta per Random Access Memory (memoria ad accesso casuale), ed indica per l’appunto quella tipologia di memoria usata dal computer come memoria di lavoro, in grado cioè di immagazzinare i dati che devono essere immediatamente elaborati in base al lavoro da svolgere.
La caratteristica principale di questa memoria consiste nella capacità di immagazzinare i dati in un punto qualsiasi della stessa, con tempi di accesso sia in lettura che in scrittura che sono praticamente identici, a differenza di quanto avviene con le tradizionali memorie di massa come gli HDD (hard disk meccanici) dove i dati vengono indirizzati a punti specifici del disco e richiedono un tempo differente per garantirne l’accesso (da qui infatti la definizione “accesso casuale” delle RAM).
Come detto in precedenza, le memorie RAM sono praticamente nate assieme all’informatica; ovviamente erano molto diverse rispetto a quelle utilizzate oggi, dato che venivano utilizzati dispositivi come relé e contatori meccanici, come memoria principale del computer, e infatti non si parlava propriamente di random access memory. Con il passare degli anni, si passò ad utilizzare tubi a vuoto, come i Williams tube, che si diffusero nel 1947. Questa primordiale memoria RAM era simile ad un tubo catodico (CRT come i vecchi televisori), dove il fascio elettronico invece di creare le immagini veniva utilizzato per immagazzinare i dati sotto forma di punti caricati elettricamente alla fine del tubo catodico. Dato che il fascio elettronico è in grado di accedere ad ogni punto del tubo catodico in qualsiasi momento e ordine, era stata creata la prima memoria ad accesso casuale.
I Williams tube avevano una capacità pari solo ad una manciata di byte (al massimo 128), ma erano sufficientemente veloci ed efficienti per le esigenze dell’epoca, ed infatti vennero impiegate in differenti eleboratori, degli anni quaranta e cinquanta.
Parallelamente alle memorie a tubo catodico, vennero inventate nello stesso periodo memorie di tipo magnetico (simili alle attuali), denominate core memory; queste memorie immagazzinavano i dati all’interno di piccoli anelli realizzati in ferrite, collegati e intrecciati fra loro tramite dei cavi sottili, con ogni anello in grado di memorizzare un solo bit. Grazie a questa tipologia di memoria, in uso dagli anni 50 agli anni 70, la capacità delle memorie RAM aumentò in maniera esponenziale, con densità dell’ordine dei kB, anche se al crescere della densità la complessità era tale da rendere molto ardua la fabbricazione di queste RAM.
Sotto la spinta dell’esigenza di velocità e capacità sempre maggiori a costi ridotti, si passò alle memorie basate su semiconduttori, cioè con celle di memoria di tipo MOS (Metal Oxide Semiconductor) installate su circuiti integrati; la prima tipologia di memoria fu la SRAM (Static RAM), e vide la luce durante gli anni 60; ha la caratteristica di non richiedere circuiti per il refresh della memoria, ed è solitamente molto veloce e anche molto costosa (viene utilizzata soprattutto come cache all’interno dei microprocessori).
Di gran lunga più utilizzate sono invece le DRAM (Dynamic RAM), caratterizzate da una elevata densità e costi ridotti; data la natura dei chip di memoria, essi tendono a perdere la carica elettrica, quindi necessitano di essere continuamente riscritte per consentire il mantenimento dei dati. Con il passare degli anni, vennero sviluppate le SDRAM (Synchronous Dynamic RAM), cioè delle memorie in grado di sincronizzarsi al memory bus del processore, con una metodologia a pipeline in grado di aumentare le prestazioni; successivamente, si è passati alle DDR (Double Data Rate) SDRAM, in grado di trasferire una quantità doppia di dati per ogni ciclo di clock. Si tratta delle memorie presenti nei PC a partire più o meno dai primi anni 2000 ad oggi, con le opportune evoluzioni (DDR2, DDR3, DDR4).
I moderni PC richiedono grandi quantitativi di RAM rispetto al passato, dato che l’evoluzione dei sistemi operativi e degli applicativi esige che una grande quantità di dati venga resa disponibile in tempi brevissimi per l’elaborazione; anche l’ampiezza di banda e la frequenza sono fondamentali, in considerazione del fatto che i processori lavorano a stretto contatto con le RAM (pensiamo ad esempio ai processori AMD Ryzen che per motivi architetturali beneficiano in maniera particolare di memorie ad alte prestazioni). Per ulteriori approfondimenti, vi rimandiamo al nostro articolo sulle Migliori RAM per Ryzen.
Memorie ROM (Read Only Memory) – cenni storici
L’acronimo ROM sta per Read Only Memory, e già dal nome è possibile dedurre la differenza principale con le memorie RAM, dato che le memorie ROM sono per l’appunto memorie di sola lettura, con i dati che una volta scritti non possono più essere modificati (almeno nelle versioni tradizionali).
Come per le memorie RAM, inizialmente erano composte da componentistica simile alle schede perforate o con cavi e parti magnetiche (core memory), ed installate all’interno di molti computer IBM degli anni 60 e 70; successivamente arrivarono quelle a semiconduttori, con le tecnologie MOSFET e MOS già impiegate per la transizione delle RAM (cioè transistor utilizzati per la creazione di celle di memoria). Dato che le memorie ROM servivano essenzialmente a memorizzare le informazioni di base dei vari componenti hardware (alla stregua dei firmware), vi era l’esigenza di poter riprogrammare gli stessi, intervenendo direttamente sulle ROM; vennero ben presto create delle memorie ROM modificabili, le EPROM (Erasable Programmable Read Only Memory), che facilitarono il lavoro di aggiornamento periodico sull’hardware. La riprogrammazione poteva avvenire anche mediante l’uso di un fascio di raggi ultravioletti, e infatti molte memorie di questo tipo erano caratterizzate da un layout a finestra, che lasciava intravedere il chip di memoria in modo da poter essere facilmente riscritto.
Subito dopo vennero introdotte le EEPROM (Electrically Erasable Programmable Read Only Memory), che facilitavano ulteriormente le operazioni di riscrittura, dato che potevano essere riprogrammate attraverso l’uso di cavi seriali, quindi con altri computer collegati. Successivamente, le memorie EEPROM si sono evolute nelle memorie di tipo flash, simili a quelle presenti nelle pendrive USB, che altro non sono che delle EEPROM ed in quanto tali, in grado di essere cancellate e riscritte per un numero indefinito di volte, senza problemi di rotture o malfunzionamenti.
Con questa breve introduzione abbiamo esposto a grandi linee qual è la differenza tra RAM e ROM; nella prosecuzione dell’articolo andremo a descrivere gli impieghi principali di queste due importanti tipologie di memorie, ormai presenti all’interno dei più svariati dispositivi elettronici.
Memorie ROM (Read Only Memory) – principali impieghi
Dal punto di vista commerciale, la memoria ROM più famosa è rappresentata sicuramente dai CD-ROM, molto diffusi nei primi anni 2000 grazie alla capacità elevata ed ai costi ridotti, utilizzati anche come storage sicuri data la loro natura di memoria non modificabile; essi si sono evoluti poi nei DVD, che grazie alla capacità maggiore erano l’ideale per gli usi multimediali più disparati, dai film in alta definizione con audio multicanale ai videogiochi, ed in effetti uno dei primi usi delle memorie ROM in ambito consumer fu quello delle console per videogiochi, dato che le famose cartucce erano delle memorie ROM contenenti i file del gioco, non modificabili ma in grado di garantire elevate velocità di trasferimento e tempi di accesso rapidi.
La naturale evoluzione delle memorie ROM è rappresentata dalle memorie flash, in uso sulle pendrive USB, e successivamente nelle memorie di massa di tipo SSD (Solid State Disk), che a differenza dei normali hard disk meccanici offrono velocità in lettura e scrittura molto superiori, data l’assenza di parti rotanti e meccaniche, velocità incrementata ulteriormente negli SSD di tipo NVMe M.2 grazie all’interfaccia di tipo PCIe 3.0 e 4.0, che consente ampiezze di banda molto superiori ai tradizionali collegamenti SATA.
L’utilizzo delle ROM è ampiamente diffuso anche negli smartphones, dato che il sistema operativo di ogni dispositivo risiede in memorie ROM non modificabili se non attraverso delle procedure molto complesse e non alla portata di tutti gli utenti; ovviamente, all’interno è presente una memoria di massa simile alle memorie flash, ed inoltre le ROM si trovano all’interno dei componenti hardware del PC come scheda video e processore, usate per contenere le informazioni di base per il riconoscimento (firmware).
Memorie RAM (Random Access Memory) – principali impieghi
Le memorie RAM vengono utilizzate principalmente come memoria di sistema in molti dispositivi, fra i quali ovviamente PC, tablet e smartphone; sono memorie molto importanti, in quanto rappresentano la “memoria di lavoro” per il processore, che può dialogare essenzialmente alla stessa velocità del proprio bus, senza grossi colli di bottiglia. In passato, avveniva che la memoria RAM si esaurisse facilmente (dato che l’ordine di grandezza era delle centinaia di MB), e questo portava all’utilizzo dell’hard disk come memoria di sistema, provocando vistosi rallentamenti (veniva creata la memoria virtuale attraverso file di paging su hard disk, pe espandere appunto la quantità di RAM disponibile); oggi il pericolo è più remoto, grazie alla capacità notevolmente maggiore dei moduli di memoria.
Oltre alla memoria di sistema, esiste la memoria video, detta anche VRAM; viene affiancata solitamente ad un processore grafico (GPU) all’interno di una scheda video (sia discreta che integrata); entrando più nello specifico, si tratta di memorie di tipo SGRAM (Synchronous Graphics RAM), e servono pricnipalmente a memorizzare i dati relativi alle textures ed a tutte quelle informazioni necessarie all’elaborazione dell’immagine (framebuffer), in modo da renderle disponibili al processore grafico in maniera immediata.
Le memorie SGRAM si sono diffuse intorno alla metà degli anni 90, periodo in cui il mercato delle schede grafiche cominciò ad espandersi sempre più, sotto la spinta dell’industria videoludica; ben presto ci si rese conto che le memorie SGRAM non garantivano la giusta larghezza di banda per consentire l’elaborazione delle immagini senza colli di bottiglia, e di conseguenza vennero introdotte le GDDR SDRAM (Graphics Double Data Rate SDRAM), caratterizzate per l’appunto da una velocità di trasferimento dati doppia rispetto alle SGRAM; da quel momento, si sono succedute diverse evoluzioni, passando dalle GDDR2 alle GDDR3, GDDR4, fino ad arrivare alle GDDR5 e GDDR6 delle moderne schede video. I cambiamenti principali hanno riguardato le frequenze operative per garantire una larghezza di banda sempre maggiore, oltre ad evoluzioni lato densità (nel corso degli anni si è passati da schede video con quantità di VRAM di qualche centinaio di MB alle decine di GB attuali) ed efficienza energetica, dato che comunque le memorie VRAM vanno ad inficiare il consumo complessivo della scheda video.
L’ultima evoluzione lato VRAM è rappresentata dalle memorie di tipo HBM (High Bandwidth Memory); si tratta essenzialmente di memorie SDRAM ma con una configurazione 3D (i die della memoria sono posizionati uno sull’altro ed interconnessi), e sono installate proprio accanto alla GPU, all’interno dello stesso die, e non sul resto del PCB come avviene con le tradizionali GDDR. Il collegamento fisico alla GPU avviene attraverso dei particolari chip denominati interposer.
Avere le memorie così vicine alla GPU consente di ridurre sensibilmente le latenze, ed inoltre i bus di memoria sono molto più ampi rispetto alle memorie tradizionali, pari a 2048 o anche 4096 bit; dal punto di vista delle frequenze operative, esse sono di norma inferiori a quelle raggiungibili dalle memorie GDDR, ma tutto è bilanciato dal bus molto ampio, a tutto vantaggio della riduzione di calore e consumi.
Le prime memorie HBM sono state impiegate da AMD nel 2015 sulle Radeon della serie Fury, mentre le più evolute HBM2 sono state impiegate per equipaggiare le Radeon Vega 56 e 64 e la Radeon VII. I principali cambiamenti sulle HBM di prima generazione riguardano la capacità degli stack di memoria (fino ad otto volte superiore) e le frequenze, che arrivano anche ad 1 GHz sulla Radeon VII; nell’immagine di seguito possiamo notare le memorie HBM ai lati della GPU:
Lo sviluppo di questa particolare tipologia di memorie non si è fermato, dato che per le loro caratteristiche ben si adattano a mercati diversi da quello consumer (attualmente sono molto diffuse in ambito HPC), e non è escluso che con i progressi lato 3D stacking non si possano diffondere in un futuro prossimo anche all’interno delle CPU.
Conclusioni su Qual è la differenza fra RAM e ROM
Siamo giunti alle conclusioni di questo articolo su qual è la differenza fra RAM e ROM, dove abbiamo esposto le principali differenze fra queste due importanti tipologie di memoria, ed alcuni cenni storici sull’evoluzione che c’è stata, dagli albori ai giorni nostri.
Abbiamo potuto constatare come i progressi lato processi produttivi e tecnologie di packaging/stacking abbiano influito molto sullo sviluppo delle memorie; nei primi computer degli anni 50 e 60 le memorie RAM erano di grandi dimensioni fisiche, a causa delle tecnologie impiegate (tubo catodico/Williams tube), situazione migliorata con le memorie core ad anelli di ferrite, che erano comunque molto complesse e difficili da realizzare/costruire all’aumentare della quantità di memoria installata. La situazione migliorò molto con l’impiego dei circuiti integrati, che consentì di aumentare esponenzialmente la capacità dei moduli in uno spazio ridotto e a costi molto bassi.
Le memorie RAM ad alta capacità e prestazioni sono essenziali per i moderni dispositivi elettronici, dato che i processori necessitano di memorie di sistema sempre più potenti, aspetto molto importante anche per gli smartphone, che fanno della rapidità dell’elaborazione un fattore cruciale; anche per i PC la velocità è essenziale, dato che i processori AMD beneficiano in maniera particolare delle RAM ad alta frequenza, così come i processori Intel: per ulteriori approfondimenti, potete dare un’occhiata al nostro articolo Migliori RAM per Intel.
Anche lo sviluppo delle memorie ROM è stato lungo e pieno di innovazioni, evolvendosi a tal punto da comprendere caratteristiche proprie delle memorie di massa, come nel caso delle NAND flash presenti all’interno delle pendrive USB e degli SSD, senza scordare la lunga parentesi delle memorie ottiche come CD-ROM e DVD-ROM, che hanno dato un grosso impulso allo sviluppo dell’informatica a tutti i livelli, sia in ambito multimediale/ludico che in ambito professionale.
Per quanto riguarda il futuro delle memorie ROM e RAM, oltre alle normali evoluzioni del mercato (siamo alle soglie delle RAM di tipo DDR5) esso sembra legato anche alle tecnologie di 3D stacking, dato che già entro la fine di quest’anno vedremo processori con cache di tipo 3D (i processori AMD Ryzen basati su architettura Zen 3+), e non è escluso che queste tecnologie non possano cambiare anche l’approccio adottato per le RAM e le ROM, non appena ci sarà la necessità di aumentare in maniera consistente la velocità e l’efficienza, come già avvenuto in passato.
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